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Don Gaudenzio e altre storie

 

 

Questi racconti li ho letti in un soffio ed ho riconosciuto tanta vita che ancora ci appartiene. Il loro verismo si innesta sulla migliore tradizione della letteratura italiana. Il linguaggio semplice e conciso è caratterizzato da lodevoli valenze comunicative.

Carmelo Aliberti

Poeta  

Review


 

E’ un mondo, quello che si evince a prima vista dalle pagine veristiche e fantasiose di Don Gaudenzio e altre storie, popolato da personaggi apparentemente semplici i cui passi però attingono alle fonti di lontane ricordanze come spiriti spinti verso ideali agognati ma ormai forse irraggiungibili … se non con la simbolizzazione del tempo come oggettività spazializzata. L’idea del viaggio, o ancor meglio, del ritorno, assume quindi una valenza particolarmente privilegiante nella economia dei racconti in quanto esso, vale a dire il ritorno, si colloca come metafora portante per il reintegrarsi dell’uomo moderno, o postmoderno se si vuole, vuoto, confuso, scettico, spezzettato dalla virtualità segnica di una realtà sempre più surreale, nel mondo atavico e nel contempo mitico delle radici. Ma il mitico ritorno alle radici, alla natura, al paradiso perduto, si può giustamente constatare, è epica materia di discorso, è grandiosa enunciazione convenzionale sin dagli albori delle humanae litterae. E’ lecito quindi chiederci perché leggere la raccolta del Famà, perché calarci innocui dentro questo mondo intriso di ritmi onirici, di vacua immaginistica frantumazione, di realismo magico. Una risposta a questo quesito va forse ricercata, almeno per quanto riguarda noi altri italiani che viviamo il mondo, nella condizione umana che meglio ci accomuna, e cioè quella di emigrati, di esuli e di pellegrini pur sempre carichi di quel fardello di memorie, di promesse, e di sogni sovente irrisolti. Questioni esistenziali che ci toccano da vicino e che i personaggi del Famà magistralmente fingono di sciogliere nelle eteree penombre di una infanzia, di uno spazio verde, di una sicula Itaca che, sonnolenta e distrattamente generosa, immemore madre antica, abbraccia l’approdo del novello ulisside.

Gabriele Niccoli

St. Jerome’s  University

 

 

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